RACHITISMO IPOFOSFATEMICO LEGATO ALL’X: il coinvolgimento multiorgano del disordine e l’importanza di un approccio multidisciplinare
Il rachitismo ipofosfatemico legato all’X (XLH) è la forma ereditaria più comune di rachitismo ed è causato da un’alterata regolazione del fattore di crescita dei fibroblasti (FGF23), secondaria a una mutazione del gene PHEX. I principali segni biochimici che vengono riscontrati nei pazienti affetti da XLH sono rappresentati da ipofosfatemia associata a perdita renale di fosfato, in presenza di normali livelli sierici di calcio, di ormone paratiroideo e di 25(OH) vitamina D. Da un punto di vista clinico, i pazienti con XLH presentano rachitismo e osteomalacia, gravi deformità degli arti inferiori con associati dolore osseo e muscolare. Sebbene sia maggiormente conosciuta come un disturbo che colpisce primariamente lo scheletro, tuttavia XLH è una patologia caratterizzata da un più ampio coinvolgimento multisistemico e in quanto tale impone un approccio che sia globale e che si avvalga del contributo integrato di molteplici specialisti.
La diagnosi di XLH viene generalmente formulata da un pediatra o da un endocrinologo pediatrico. Ciononostante, spesso i primi segni clinici possono indurre i pazienti a rivolgersi inizialmente ad un chirurgo ortopedico o ad un nefrologo. Una volta formulata la diagnosi, è importante individuare un medico coordinatore, in genere un endocrinologo o un nefrologo pediatrico, che abbia in carico la gestione globale dei pazienti con XLH. Il ruolo del coordinatore, oltre a offrire supporto ai pazienti e alle loro famiglie, consiste principalmente nel monitorare l’efficacia del trattamento, prevenire l’insorgenza di effetti collaterali e consultare altri specialisti sulla base delle complicanze via via osservate.
In aggiunta alle manifestazioni cliniche più tipicamente ossee che caratterizzano la patologia, nei pazienti con XLH non sono infrequenti gravi complicanze a carico di altri sistemi e apparati, legate alla malattia stessa o al verificarsi di effetti collaterali determinati dal trattamento convenzionale. Le principali alterazioni che vengono più frequentemente riscontrare riguardano turbe endocrinologiche, disturbi a carico del rene, craniosinostosi, lesioni dentali e parodontali ricorrenti, deformità muscolo-scheletriche progressive e perdita dell’udito. Pertanto, una gestione globale e multidisciplinare dei pazienti con XLH viene fortemente raccomandata fin dalla diagnosi.
Tra le principali alterazioni endocrinologiche viene spesso riscontrato lo sviluppo di obesità, probabilmente associato alla compromissione del metabolismo del glucosio e dei lipidi, o secondario alle complicazioni reumatologiche e ossee croniche che diminuiscono la propensione dei pazienti all’esercizio fisico. Inoltre, il trattamento convenzionale a lungo termine con metaboliti attivi della vitamina D e sali di fosfato inorganici orali può causare alterazioni del sistema endocrino come iperparatiroidismo secondario o terziario. L’iperparatiroidismo secondario è dovuto a un’insufficiente sostituzione con metaboliti attivi della vitamina D o a una dose eccessiva di sali di fosfato inorganici, e richiede un’ottimizzazione del trattamento (1, 2, 3). L’iperparatiroidismo terziario rappresenta invece una complicanza grave del trattamento convenzionale ed è generalmente irreversibile; può richiedere una paratiroidectomia totale per controllare l’ipercalcemia (4,5).
Tra le complicanze renali, il trattamento convenzionale con fosfato orale e metaboliti attivi della vitamina D può esporre i pazienti con XLH alla comparsa di nefrocalcinosi (nel 30-70% dei pazienti pediatrici (1, 6, 7, 8, 9) ) e successivamente di nefrolitiasi. È stata dimostrata una relazione diretta tra la dose giornaliera di sali di fosfato inorganici e il rischio di complicazioni renali (6, 7, 9). La valutazione periodica del parenchima renale risulta quindi obbligatoria. Le recenti linee guida raccomandano una valutazione ultrasonografica ogni due anni nei pazienti senza segni di nefrocalcinosi, e ogni anno nei pazienti con malattia renale o ipercalciuria persistente.
La craniosinostosi dovuta ad un’alterata fusione delle ossa craniche può verificarsi precocemente nei pazienti con XLH. I segni clinici associati alla craniosinostosi comprendono l’aumento della pressione intracranica con cefalea, vomito, papilledema, strabismo o fontanella anteriore pulsante. Inoltre, la proptosi e l’elevazione della testa del nervo ottico possono essere complicazioni oculari della craniosinostosi (10, 11, 12). Pur trattandosi di una complicanza comune, osservata in circa un terzo dei pazienti con ipofosfatemia, solo una minoranza dei pazienti richiede un intervento chirurgico di correzione (13).
Circa due terzi dei pazienti con XLH presentano lesioni dentali e parodontali che interessano sia i denti decidui che permanenti (1, 7, 14), spesso causate da una mineralizzazione anomala della dentina con formazione di ascessi dentali spontanei (15, 16, 17, 18). Pertanto, viene consigliato di eseguire l’esame dentale almeno due volte l’anno nei pazienti con XLH (7).
Inoltre, un regolare follow-up ortopedico è raccomandato nei pazienti con XLH. Nonostante il trattamento medico precoce sia essenziale, in molti pazienti non risulta, tuttavia, in grado di arrestare la progressione delle deformità scheletriche degli arti inferiori. Tali alterazioni sono solitamente associate ad un’andatura ondeggiante, a ridotte capacità motorie, a dolore osteoarticolare e a processi di degenerazione articolare precoce (1, 6, 7, 8). Le deformità scheletriche che persistono nonostante il trattamento medico ottimizzato e/o la presenza di sintomi che compromettono una piena funzionalità osteoarticolare, dovrebbero essere considerati per il trattamento chirurgico (7), riservato, questo, ai soli pazienti in cui il trattamento convenzionale è stato massimizzato per almeno un anno (7).
Nei pazienti con XLH sottoposti a chirurgia ortopedica viene consigliato di sottoporsi ad un successivo trattamento fisioterapico (1, 7, 19). Sono suggerite attività personalizzate finalizzate a ridurre il dolore osteoarticolare e muscolare così da ridurre la limitazione funzionale al movimento e migliorare la qualità di vita dei pazienti con XLH. Il dolore osteoarticolare è molto diffuso tra gli adulti (97%) e i bambini (65%-80%) con XLH (6, 20), così come il dolore muscolare che viene riportato nel 63% dei pazienti adulti e nel 60% dei bambini (20) e che richiede un trattamento antalgico specifico e spesso personalizzato.
Infine, tra le complicanze più rare osservate in età pediatrica rientra la perdita dell’udito (21, 22). Nel caso si sospettino deficit uditivi, viene raccomandato il test dell’udito dall’età di 8 anni nei pazienti pediatrici con XLH (7). Il trattamento di tale complicanza comprende l’utilizzo di apparecchi acustici, la prevenzione dell’esposizione al rumore e a farmaci ototossici (7).
La complessità del quadro clinico dell’XLH, le manifestazioni a carico del sistema osteoarticolare e il coinvolgimento sistemico causato dalla patologia stessa o secondario al trattamento medico o chirurgico della malattia, rendono ragione della necessità di un approccio che non sia settoriale bensì globale e multidisciplinare fin dalla diagnosi di malattia. Infatti, in considerazione della natura multisistemica del disturbo, le più recenti linee guida raccomandano il supporto da parte di un team di specialisti ed esperti di varie discipline mediche al fine di ottimizzarne il percorso terapeutico-assistenziale e ridurre il grave impatto che la patologia esercita sulla qualità di vita dei pazienti affetti da XLH.
Si consiglia la lettura del lavoro, di seguito citato, che approfondisce gli aspetti qui solo brevemente riportati, in merito alla natura multisistemica del disturbo e all’importanza di adottare un approccio multidisciplinare alla patologia.
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