OSTEOGENESI IMPERFETTA: Dal quadro clinico alla diagnosi

L’osteogenesi imperfetta (OI) è una malattia che colpisce il tessuto connettivo e si caratterizza per un’ampia eterogeneità sia genotipica, sia fenotipica. La patologia si presenta con quadri variabili di fragilità e deformità ossea in associazione ad altri segni e sintomi secondari alle alterazioni connettivali. È possibile individuare forme lievi di malattia, caratterizzate da minori deformità scheletriche seppur in presenza di fratture ossee ricorrenti a seguito di eventi traumatici spesso lievi. Le forme più severe si caratterizzano, invece, per deformazioni dello scheletro precoci, una notevole riduzione della massa ossea ed un tasso maggiore di letalità nel periodo perinatale.

Nel corso degli anni, sono stati compiuti numerosi tentativi di classificare le varie forme di OI tenendo in considerazione i principali aspetti genotipici, biochimici e fenotipici della malattia. La classificazione si è evoluta nel tempo, considerando i progressi delle conoscenze e gli sviluppi delle indagini di tipo molecolare. Siamo quindi passati dalla classificazione proposta da Sillence et al. nel 1979 (1), che individuava quattro principali forme di malattia associate a mutazioni a carico dei geni per il collagene di tipo 1, a classificazioni che considerano la gravità del fenotipo clinico (proposta dalla International Society of Skeletal Dysplasia) oppure il meccanismo patogenetico (16).

Il quadro clinico dell’OI si caratterizza principalmente per le sue manifestazioni ossee; il riscontro più comune è di un’aumentata fragilità scheletrica e di una densità ossea significativamente ridotta che predispongono l’individuo affetto a numerose fratture nel corso della vita. Tra gli altri sintomi caratteristici della malattia è di frequente riscontro la colorazione grigio-azzurra delle sclere, alterazione verosimilmente secondaria ad un aumento del materiale granulare denso tra le fibre di collagene sclerale (2), e la dentinogenesi imperfetta, ossia un’alterazione che produce un caratteristico ingiallimento e un’apparente trasparenza dei denti che appaiono spesso consumati precocemente e presentano alla radiografia radici corte con giunzioni corono-radicolari costrette (3). Per ragioni di semplicità, la trattazione della patologia seguirà la classificazione di Sillence modificata.

La forma di OI di tipo I, anche detta “non deformante, con sclere blu”, rappresenta la varietà più comune di OI (4). Tale forma si distingue per una moderata fragilità ossea, osteopenia, sclere distintamente grigio-blu e aumentata suscettibilità allo sviluppo di ipoacusia conduttiva già durante l’adolescenza. Alla nascita la maggioranza dei bambini con OI tipo I presenta peso e lunghezza normali. Tipicamente le fratture si verificano tra i sei mesi e i due anni di età e interessano in particolar modo le ossa lunghe degli arti; la guarigione è in genere rapida e completa, associandosi a lievi o assenti deformazioni ossee. In età prepuberale possono verificarsi fratture vertebrali, che raramente si associano manifestazioni cifoscoliotiche, se non di lieve entità (5). La morfologia dei corpi vertebrali spesso assume le classiche forme “a spina di pesce”, con riduzione dell’altezza del corpo vertebrale e di conseguenza della statura del paziente, che risulta ai limiti inferiori della norma e tipicamente ridotta rispetto ai membri della famiglia non affetti. La frequenza delle fratture rimane costante durante l’infanzia e si riduce progressivamente dopo l’inizio della pubertà, per poi aumentare di nuovo in età avanzata. L’aspetto radiografico delle ossa è generalmente normale, mentre una moderata riduzione della densità ossea è documentabile mediante mineralometria. In base alla presenza di dentinogenesi imperfetta, questa forma di OI si classifica rispettivamente in tipo IA e IB. Sebbene, l’OI di tipo I si consideri il più spesso delle volte una varietà lieve di malattia, i pazienti con associata dentinogenesi imperfetta (tipo IA) sembrerebbero avere un quadro di malattia più severo con una maggiore probabilità di fratture, una più bassa statura e una maggiore propensione alle deformità scheletriche (5). Per quel che riguarda le manifestazioni extra-ossee, circa il 50% dei soggetti affetti da OI tipo I, presenta ipoacusia precoce, a patogenesi conduttiva e/o neurosensoriale, che di solito inizia a manifestarsi prima dei vent’anni diventando gradualmente sempre più severa, fino a comportare un deficit uditivo molto grave entro i quarant’anni di età (6,7). Infine, altre possibili manifestazioni cliniche che caratterizzano il quadro dell’OI tipo I comprendono: iperlassità dei legamenti, tendenza a formare ecchimosi, oltre che disturbi valvolari cardiaci come l’insufficienza mitralica ed aortica.

La forma più severa di OI è il tipo II, perinatale-letale. La diagnosi prenatale si avvale dello studio ecografico e dell’analisi genetica, e porta molto spesso a interruzione di gravidanza. Generalmente, la morte sopraggiunge nelle prime ore o giorni di vita, in seguito ad insufficienza respiratoria, scompenso cardiaco congestizio o infezioni. La sopravvivenza oltre il primo anno di età è rara. I bambini alla nascita sono piccoli per età gestazionale (8), severamente ipotonici, di basso peso, presentano sclere blu scuro, naso a becco e mento piccolo, arti corti marcatamente deformati, incurvamenti delle ossa degli arti inferiori, torace molto ristretto per lunghezza ridotta delle coste con un’escursione respiratoria depressa a causa del dolore secondario a fratture multiple costali che avvengono già durante il periodo gestazionale. Il quadro radiografico mette in evidenza: femori a fisarmonica, tibie incurvate, assenza di mineralizzazione ossea del cranio, il tipico segno dei “grani di rosario” a livello costale, marcato appiattimento dei corpi vertebrali, delineando il quadro estremamente grave tipico dalla OI tipo 2-A (8). Alcuni bambini presentano un fenotipo un po’ meno grave con minori fratture costali (OI tipo 2-B) (8) e come tale possono mostrare sovrapposizioni con l’OI tipo 3 (9), tuttavia il rischio di mortalità rimane significativamente aumentato.

L’OI tipo III, forma con un andamento progressivamente deformante, viene diagnosticata di solito alla nascita per il peso e la lunghezza marcatamente ridotti, e per le deformità risultanti dalle fratture intrauterine che colpiscono più spesso le coste, causando così gravi deficit respiratori fin dalla nascita. Anche le deformità delle ossa lunghe sono presenti da subito o si sviluppano nel corso del primo anno di vita, colpiscono maggiormente femore o tibia che, con il passare del tempo e per la trazione esercitata dai muscoli e dalla forza di gravità, vanno incontro ad un progressivo peggioramento delle deformità che limitano gravemente la mobilità e l’autonomia di questi pazienti. Con la crescita, l’osso mostra multiple angolazioni, le diafisi tendono a diventare sempre più sottili e le epifisi sempre più ampie con delle caratteristiche aree di alterazione strutturale della cartilagine di accrescimento, visibili radiograficamente come strutture cistiche dette “a pop corn”. Anche in questo caso l’incidenza di fratture decresce dopo la pubertà. La crescita staturale è ritardata e l’altezza in età adulta è di solito marcatamente ridotta. La fragilità ossea e le deformità interessano precocemente anche le vertebre, causando gravi quadri di cifoscoliosi, che possono progredire rapidamente e portare ad insufficienza cardio-polmonare. Durante l’infanzia e l’adolescenza è di frequente riscontro in questi pazienti un’invaginazione basilare clinicamente significativa che causa mal di testa, alterazioni funzionali dei nervi cranici inferiori, ipereflessia, nistagmo, atassia fino alla tetraparesi. Il quadro radiografico, caratteristico di questa forma di OI, mostra cranio poco mineralizzato, coste sottili, evidenza di fratture delle ossa lunghe e osteopenia diffusa all’intero scheletro. Le sclere possono essere blu alla nascita; la colorazione può diminuire di intensità con l’età (10), mentre i pazienti con i vari disturbi autosomici recessivi avranno di solito sclere grigio-bianche (11). Altri reperti comuni sono la facies triangolare, perdita d’udito, dentinogenesi imperfetta presente nell’80% dei casi ed altri segni a carico del distretto orale e dentale quali malocclusioni, sviluppo dentale ritardato o accelerato o eruzioni dentarie ectopiche.

I pazienti con OI di tipo IV, presentano fratture ricorrenti, marcata demineralizzazione scheletrica e gradi variabili di deformità delle ossa lunghe e della colonna vertebrale, bassa statura, sclere normali o lievemente grigiastre, che tendono a sbiancarsi con l’età. La dentinogenesi imperfetta è presente nel 60% dei casi mentre l’ipoacusia si riscontra in un 50% di essi. Appare frequente lo sviluppo di invaginazione basilare e cifoscoliosi progressiva, riscontrate in circa il 30% dei pazienti allo screening; tuttavia, i sintomi e la conseguente compromissione della funzionalità cardio-respiratoria avviene solo in una piccola percentuale dei casi (8). Le fratture, che possono manifestarsi già alla nascita, sono piuttosto ricorrenti durante l’adolescenza e tendono a ridursi durante la pubertà per poi aumentare in età avanzata, contrariamente a quello che accade con le deformità ad angolo delle ossa lunghe che aumentano con l’età rendendo spesso necessaria la correzione chirurgica. In virtù della significativa variabilità fenotipica intra- ed interfamiliare caratteristica di questa forma, può risultare difficile differenziare il sottotipo IV di OI dal tipo I nelle forme più moderate e dal tipo III nelle più gravi (12,13).

L’OI di tipo V è una forma moderata-severa di fragilità ossea associata a deformità delle ossa lunghe. Si caratterizza per l’evidenza alla biopsia ossea di una caratteristica architettura intrecciata dell’osso, che fisiologicamente si trova nel feto e nei siti di frattura. Le manifestazioni tipiche di questo tipo di OI sono la formazione di un callo ipertrofico dopo frattura, calcificazione della membrana interossea tra radio e ulna fin dai primi anni di vita con conseguente limitazione nei movimenti di prono-supinazione dell’avambraccio, lussazione del capitello radiale e la presenza di matrice ossea a livello metafisario nei pressi della cartilagine di accrescimento (14). Non sono presenti segni di dentinogenesi imperfetta né di colorazione bluastra delle sclere.

Altre due forme di OI sono il tipo VI e VII. La prima è caratterizzata da osteopenia e fragilità, associata a tessuto osseo osteoide, in assenza di alterazione del metabolismo osseo (15), in assenza di alterata colorazione delle sclere e di dentinogenesi imperfetta. La forma VII si presenta con fratture alla nascita che ricorrono durante tutto il periodo dell’adolescenza, sclere blu, deformità precoci alle estremità, coxa vara, osteopenia e, come segno caratteristico, rizomelia. Infine, sono considerate e classificate come forme distinte di OI: la Sindrome Osteoporosi-Pseudoglioma, con caratteristica presenza di uno pseudoglioma retinico e iperplasia del vitreo; la Sindrome di Bruck, associata alla presenza di contratture articolari congenite; la S. di Cole Carpenter, caratterizzata da idrocefalo e craniostenosi che sono causa di turricefalia ed esoftalmo.

Nonostante vi siano molteplici altri sottotipi di malattia identificati, più autori ribadiscono l’importanza di possedere una buona conoscenza del quadro clinico di presentazione delle principali forme di malattia. Infatti, un approccio adeguato allo studio di una patologia caratterizzata da una così ampia variabilità non può prescindere da un’attenta valutazione clinica del paziente oltre che dall’identificazione della specifica causa genetica molecolare determinante la patogenesi del disturbo. Tale impostazione rappresenta senza dubbio un valido punto di partenza per lo sviluppo di un percorso diagnostico adeguato, nonché per una corretta valutazione terapeutico-assistenziale nei pazienti affetti da OI.

Di seguito viene riportato il riferimento bibliografico per la lettura di un articolo che si propone come approfondimento in merito alle manifestazioni cliniche che caratterizzano il quadro dell’OI e i principali sottotipi di malattia identificati.

  • Van Dijk FS, Sillence DO. Osteogenesis imperfecta: clinical diagnosis, nomenclature and severity assessment. Am J Med Genet A. 2014 Jun;164A(6):1470-81. doi: 10.1002/ajmg.a.36545. Epub 2014 Apr 8. Erratum in: Am J Med Genet A. 2015 May;167A(5):1178. PMID: 24715559; PMCID: PMC4314691.
  • https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/24715559/

 

Bibliografia

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