LA RECENTE RIVOLUZIONE TERAPEUTICA PER L’HPP: indicazioni attuali e sfide future

L’ipofosfatasia (HPP), disordine congenito del metabolismo osseo, è caratterizzata da manifestazioni cliniche estremamente variabili, che vanno dalla letalità precoce a forme di malattia con un coinvolgimento limitato, fino ad alterazioni della dentizione. La malattia quando esordisce precocemente presenta tassi di mortalità elevati, ad eccezione della rara forma di ipofosfatasia perinatale benigna. Infatti, nelle forme perinatale e infantile, la mortalità interessa rispettivamente il 100% e il 50% dei casi, come conseguenza dell’insufficienza respiratoria e dell’epilessia. Nelle altre forme, le principali manifestazioni comprendono alterazioni muscolo-scheletriche, reumatologiche e odontoiatriche. Storicamente, il trattamento è stato basato principalmente su una combinazione di interventi dietetici per correggere l’ipercalcemia (1), riabilitativi per ridurre al minimo le limitazioni funzionali (2), interventi chirurgici per gestire alcune fratture, e sintomatici, in assenza, fino a pochi anni fa di una terapia eziologica efficace per l’ipofosfatasia. Di recente, tuttavia, il trattamento dell’HPP è stato rivoluzionato dall’introduzione della terapia enzimatica sostitutiva (ERT) con asfotase alfa, un enzima di sintesi prodotto attraverso la tecnica del DNA ricombinante. Si tratta di una fosfatasi alcalina ricombinante tissutale aspecifica, che ha come bersaglio l’osso, e ha mostrato miglioramenti significativi nella morbilità e mortalità in pazienti con ipofosfatasia perinatale e infantile. Il suo utilizzo nell’HPP ad esordio in età pediatrica è stato approvato dall’EMA nel 2015, e il farmaco è diventato disponibile in commercio in diversi Paesi europei, tra cui l’Italia. La somministrazione deve essere effettuata sottocute (3), tre o sei volte alla settimana (1-2 mg/kg/dose). Gli studi effettuati hanno dimostrato un notevole miglioramento degli aspetti radiologici, dell’ipostenia, della mobilità e della qualità della vita, oltre a un significativo recupero della crescita staturale rispetto ai controlli non trattati (4, 5-8). Il farmaco ha mostrato un buon profilo di sicurezza e tollerabilità. La principale reazione avversa, riscontrata comunemente, è un eritema transitorio nel sito di inoculazione del farmaco. Altre reazioni avverse possibili, ma meno comuni, riguardano reazioni di ipersensibilità, lipodistrofia localizzata nelle sedi di iniezione, calcificazioni ectopiche dell’occhio e nefrocalcinosi (9). Infine, anche se i dati di follow-up degli studi clinici continuano ad essere aggiornati e presentati, non si conoscono ancora gli effetti a lungo termine della terapia con asfotase alfa. Negli ultimi anni sono stati accumulati dati significativi relativi al trattamento con ERT dei pazienti con HPP infantile, con prove che sostengono che il trattamento con ERT può migliorare gli esiti e le manifestazioni più severe e pericolose per la vita come l’insufficienza respiratoria o le crisi epilettiche piridossina-responsive. Tuttavia, la letteratura disponibile non fornisce altrettanta chiarezza sui pazienti meno gravi, nei quali le indicazioni al trattamento risultano ancora spesso dubbie.

Ad ogni modo, oltre alla terapia sostitutiva, restano di fondamentale utilità le strategie terapeutiche di supporto. Per le forme neonatali è spesso necessario un supporto ventilatorio e nutrizionale e, in caso di crisi convulsive, il trattamento con piridossina. In caso di craniosinostosi con aumento della pressione intracranica è indicata la correzione chirurgica (la craniosinostosi e la dentizione anomala sono caratteristiche ben descritte nell’ipofosfatasia, ma non è noto se la terapia con asfotase alfa modifichi la loro storia naturale). Inoltre, nei pazienti in terapia enzimatica sostitutiva, si rende necessario rivedere le misure dietetiche, precedentemente discusse, caratterizzate da un apporto controllato e ridotto di calcio e fosforo al fine di evitare il rischio di ipocalcemia. Una supplementazione con vitamina D risulta indicata solo in caso di livelli ematici significativamente ridotti. In alcuni pazienti possono essere necessari interventi di chirurgia ortopedica e il ricorso a dispositivi che supportino una corretta e sicura deambulazione. Anche i trattamenti fisioterapici e riabilitativi sono indicati al fine di migliorare la mobilità e l’acquisizione di un’autonomia funzionale, avendo cura di evitare le attività a rischio elevato di traumatismo. Infine, per quel che concerne il trattamento delle alterazioni odontoiatriche, nei bambini è preferibile ricorrere a degli apparecchi protesici mobili o fissi per sostituire gli elementi decidui mancanti, per favorire l’acquisizione della masticazione e della fonazione e il corretto sviluppo della dentizione permanente.

Alla luce delle considerazioni sopra riportate, appare evidente che la gestione dell’HPP richiede un approccio multidisciplinare che si avvalga del contributo di molteplici specialisti oltre che, specialmente nel caso di clinici con una scarsa esperienza con l’HPP, il ricorso al consulto con un centro con un’esperienza specifica nella gestione della patologia in questione. Nonostante sia probabile che in un prossimo futuro assisteremo a un’ulteriore evoluzione dell’approccio diagnostico e delle indicazioni terapeutiche, ad oggi, la selezione appropriata dei pazienti per la terapia enzimatica sostitutiva resta oggetto di discussione nelle forme giovanili (che vanno spesso incontro a miglioramento spontaneo) e nelle forme paucisintomatiche dell’adulto.

Nell’articolo proposto di seguito l’autore fornisce una discussione dei dati disponibili in letteratura e un possibile loro impiego allo scopo di stabile l’eventuale indicazione e i tempi di inizio del trattamento con ERT. Infatti, laddove non esista una chiara e indubbia indicazione, tale discussione si propone di fornire alcuni suggerimenti utili a indirizzare il clinico nella selezione dei pazienti candidabili a terapia enzimatica sostitutiva.

 

  • Rush ET. Childhood hypophosphatasia: to treat or not to treat. Orphanet J Rare Dis. 2018 Jul 16;13(1):116. doi: 10.1186/s13023-018-0866-7. PMID: 30012160; PMCID: PMC6048713.

 

Bibliografia

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  2. Phillips D., Case L.E., Griffin D., et al. Physical therapy management of infants and children with hypophosphatasia. Mol Genet Metab. 2016;119(1–2):14–19.
  3. Strensiq [package insert]. New Haven: Alexion Pharmaceuticals, Inc; 2016.
  4. Kitaoka T., Tajima T., Nagasaki K., et al. Safety and efficacy of treatment with asfotase alfa in patients with hypophosphatasia: results from a Japanese clinical trial. Clin Endocrinol. 2017;87(1):10–19.
  5. Madson K.L., Rockman-Greenberg C., Whyte M.P., et al. Asfotase Alfa: Long-Term Safety and Efficacy in Children With Hypophosphatasia. Vancouver: Poster presented at the 2014 Pediatric Academic Societies and Asian Society for Pediatric Research Joint Meeting; 2014.
  6. Madson K.L., Phillips D., Rockman-Greenberg C., et al. American Society of Bone and Mineral Research 37th annual meeting. 2015. Improved functional mobility with asfotase alfa treatment in childhood hypophosphatasia.
  7. Phillips D., Hamilton K., Moseley S., et al. Improved Activities of Daily Living and Physical Function, with Decreased Pain, in Children with Hypophosphatasia Treated for Three Years with Asfotase Alfa: Results from the Childhood Health Assessment Questionnaire and the Pediatric Outcomes Data Collection Instrument. Poster presented at the Endocrine Society’s Annual Meeting and Expo (ENDO); San Diego; 2015. Abstract FRI-224.
  8. Hofmann C., Seefried L., Jakob F. Asfotase alfa: enzyme replacement for the treatment of bone disease in hypophosphatasia. Drugs Today (Barc) 2016;52(5):271–285. doi: 10.1358/dot.2016.52.5.2482878.
  9. Scott L.J. Asfotase Alfa in Perinatal/Infantile-Onset and Juvenile-Onset Hypophosphatasia: A Guide to Its Use in the USA. BioDrugs. 2016;30(1):41–48.