IPOFOSFATASIA: CENNI STORICI E PROSPETTIVE FUTURE

Negli anni 2015-16 la storia dell’ipofosfatasia (HPP) è stata oggetto di ricerca e approfondimento grazie al lavoro di due celebri autori, Bianchi M. e Whyte M. (1, 2). Dalle indagini condotte sono emersi dati che riconducono il primo caso clinico descritto all’anno 1948, anno che viene da tutti ricordato per avvenimenti storici importanti quali l’entrata in vigore in Italia della Costituzione della Repubblica Italiana e l’indipendenza della Birmania dal Regno Unito. In quello stesso anno il pediatra canadese Rathbun J. per primo descrisse il caso di un paziente pediatrico deceduto a seguito di un quadro clinico caratterizzato da grave rachitismo, calo ponderale e convulsioni (3). L’esame autoptico, condotto sul bambino, evidenziò una ridotta attività enzimatica della fosfatasi alcalina sierica, nelle ossa e in altri tessuti. Fu allora che venne coniato il termine di “ipofosfatasia” che tutt’oggi viene ancora utilizzato per identificare un’entità nosologica ben nota, con caratteristiche comuni ad altre patologie genetiche del metabolismo osseo come l’osteogenesi imperfetta e l’acondroplasia, da cui si differenzia per i diversi aspetti clinico-laboratoristici specifici (4).

La storia dell’ipofosfatasia si arricchì ulteriormente nel 1953, quando Sobel E. e altri (5) descrissero per la prima volta la presenza di una prematura perdita dei denti decidui in bambini con una bassa attività della fosfatasi alcalina. Solo due anni dopo, McCance R. e Morrison A., associarono al quadro laboratoristico già descritto anche un aumento delle concentrazioni di fosfoetanolamina, rendendo tali analisi oggetto di una interessante pubblicazione scientifica (6).

Nel 1965, a Devos-Platz presso il laboratorio di chirurgia sperimentale dell’Istituto svizzero di ricerca, Russel R. e il suo assistente Cantab B., aggiunsero un ulteriore elemento utile alla descrizione della patologia e alla costruzione di un percorso diagnostico più specifico. In quello stesso anno pubblicarono i risultati della loro ricerca su Lancet, all’interno di un articolo (7) che descriveva come nei soggetti affetti da HPP vi fosse un’aumentata escrezione renale di pirofosfato inorganico (PPi). Questa osservazione si aggiungeva alle tre principali caratteristiche dell’ipofosfatasia già precedentemente descritte in letteratura, ossia una difettosa mineralizzazione ossea, una ridotta attività della fosfatasi alcalina sierica e tissutale e un’aumentata escrezione urinaria di fosfoetanolamina.

Nel corso dei successivi vent’anni non furono aggiunti ulteriori elementi descrittivi la patologia, fino al 1985, anno in cui Whyte M. rese nota la presenza di un marcato aumento dei livelli di piridossale-5′-fosfato (PL-5’P o PLP) nel plasma dei pazienti con HPP (8). Tuttavia, fu solo nel 1988 che venne identificato il gene della fosfatasi alcalina ossea/epatica/renale (ALPL), codificante per l’isoenzima tessuto-non specifica della fosfatasi alcalina (TNALP), coinvolto nell’eziopatogenesi della malattia. Mutazioni a carico di tale gene, determinanti perdita di funzione enzimatica, sono ormai ampiamente riconosciute come le responsabili delle manifestazioni cliniche che caratterizzano il quadro patologico dell’HPP.

Negli ultimi anni è stato possibile raggiungere un ulteriore importante risultato, che ha rappresentato una pietra miliare nella gestione terapeutica del rachitismo e dell’osteomalacia. Infatti, all’interno dei disturbi caratterizzati da una generalizzata demineralizzazione ossea e gli effetti ad essa correlati (9), anche l’HPP, fino a pochi anni fa priva di un trattamento medico specifico ed efficace, ne ha recentemente acquisito uno, approvato a livello internazionale dalle agenzie di regolamentazione (10). Nel 2015, infatti, 67 anni dopo la caratterizzazione di HPP, la Commissione Europea ha approvato l’uso di asfotase alfa (AA) come terapia enzimatica sostitutiva a lungo termine per i pazienti di qualsiasi età affetti da HPP con esordio pediatrico, per il trattamento delle manifestazioni a carico del tessuto osseo (11, 12). Tale progresso ha costituito un punto di svolta fondamentale all’interno della storia naturale della malattia e ad oggi rappresenta per i medici una soluzione terapeutica sicura e valida nella gestione dell’HPP.

Durante gli anni che hanno portato e poi fatto seguito all’approvazione dell’AA, sono state pubblicate accurate revisioni della letteratura inerenti l’HPP (13, 14, 15), inclusi i reports completi relativi alla sperimentazione del farmaco biologico (AA) nella popolazione pediatrica (16-17).

Nonostante un trattamento sicuro ed efficace sia ora possibile, tale risultato trascina con sé non soltanto una valida opzione terapeutica per l’HPP ma anche una serie di sfide che coinvolgono la diagnosi, la comprensione della prognosi e la gestione del trattamento stesso e impongono il raggiungimento di ulteriori progressi scientifici, oltre che approfondimenti finalizzati ad una comprensione sempre maggiore della patologia.

Di seguito proponiamo un articolo di Whyte MP. che pone l’accento sulle prospettive future che si sono andate delineando con l’impiego nella pratica clinica di nuovi percorsi terapeutici efficaci, sottolineando l’importanza di un’osservazione a lungo termine dei pazienti trattati e una condivisione continua dei risultati, in quanto, come egli stesso afferma: “siamo entrati in una nuova ed eccitante era per l’HPP, ma che richiede ulteriore lavoro tutto da svolgere”.

 

Bibliografia:

  1. Bianchi ML. Hypophosphatasia: an overview of the disease and its treatment. Osteoporos Int. 2015;26(12):2743–57.
  2. Whyte MP. Hypophosphatasia – aetiology, nosology, pathogenesis, diagnosis and treatment. Nat Rev Endocrinol. 2016;12(4): 233–464
  3. Rathbun JC. Hypophosphatasia; a new developmental anomaly. Am J Dis Child. 1948;75(6):822–31
  4. https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare/ipofosfatasia/9711-ipofosfatasia-in-uno-studio-italiano-la-panoramica-sulla-malattia-e-sul-trattamento
  5. Sobel EH, Clark LC Jr, Fox RP, Robinow M. Rickets, deficiency of alkaline phosphatase activity and premature loss of teeth in childhood. Pediatrics. 1953 Apr;11(4):309-22. PMID: 13055342.
  6. McCance RA, Morrison AB, Dent CE. The excretion of phosphoethanolamine and hypophosphatasia. Lancet. 1955 Jan 15;268(6855):131. doi: 10.1016/s0140-6736(55)91704-9. PMID: 13222868.
  7. Russell RG. Excretion of inorganic pyrophosphate in HYPOPHOSPHATASIA. Lancet. 1965;2(7410):461–4
  8. Whyte MP et al. Markedly increased circulating pyridoxal-5′- phosphate levels in hypophosphatasia. Alkaline phosphatase acts in vitamin B6 metabolism. J Clin Invest. 1985;76(2):752–6
  9. Rosen CJ. Primer on the metabolic bone diseases and disorders of mineral metabolism. 8th ed. American Society for Bone and Mineral Research. Ames, IA: Wiley-Blackwell; 2013
  10. Whyte MP. Hypophosphatasia: Enzyme Replacement Therapy Brings New Opportunities and New Challenges. J Bone Miner Res. 2017 Apr;32(4):667-675. doi: 10.1002/jbmr.3075. Epub 2017 Jan 31. PMID: 28084648
  11. Whyte MP, Greenberg CR, Salman NJ, et al. Enzyme replacement therapy in life-threatening hypophosphatasia. N Engl J Med. 2012;366:904–13
  12. Whyte MP, Rockman-Greenberg C, Ozono K, et al. Asfotase alfa treatment improves survival for perinatal and infantile hypophosphatasia. J Clin Endocrinol Metab. 2016;101:334–42
  13. Whyte MP. Hypophosphatasia: aetiology, nosology, pathogenesis, diagnosis and treatment. Nat Rev Endocrinol. 2016;12:233–46.
  14. Whyte MP. Hypophosphatasia. In: Genetics of bone biology and skeletal disease. 1st ed. Thakker RV, Whyte MP, Eisman J, Igarashi T, editors. San Diego, CA: Academic Press; 2013. p. 337–60.
  15. Millan JL, Whyte MP. Alkaline phosphatase and hypophosphatasia. Calcif Tissue Int. 2016;98(4):398–416.)
  16. Whyte MP, Greenberg CR, Salman NJ, et al. Enzyme replacement therapy in life-threatening hypophosphatasia. N Engl J Med. 2012;366:904–13
  17. Whyte MP, Rockman-Greenberg C, Ozono K, et al. Asfotase alfa treatment improves survival for perinatal and infantile hypophosphatasia. J Clin Endocrinol Metab. 2016;101:334–42