CONOSCERE GLI ASPETTI CLINICI DELLA PATOLOGIA: l’importanza di una presa in carico globale e della gestione multidisciplinare nell’osteogenesi imperfetta

L’osteogenesi imperfetta (OI) è un disordine ereditario eterogeneo del tessuto connettivo caratterizzato da una riduzione importante della mineralizzazione scheletrica che altera non solo il benessere fisico ma che influenza negativamente anche la sfera sociale ed emotiva dei bambini e dei giovani affetti e delle loro famiglie. Un approccio multidisciplinare nella gestione e nel trattamento dei pazienti con diagnosi di OI gioca un ruolo fondamentale in quanto esso rappresenta un valido strumento capace di fornire valutazioni e interventi ben coordinati e completi che pongano il paziente e la famiglia al centro del percorso di cura. Gli sforzi integrati di un team multidisciplinare possono migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da OI massimizzandone le capacità funzionali, l’indipendenza e il loro benessere psico-fisico (1).

Le caratteristiche cliniche sono direttamente legate al fatto che l’OI è un disordine che interessa prevalentemente il collagene. A seconda della mutazione causale, il difetto che ne consegue determina la produzione di una matrice ossea anormale e una ridotta resistenza ossea, con conseguente fragilità e maggiore rischio di fratture, deformità ossea e deficit di crescita. Si osservano, inoltre, fratture ricorrenti a seguito di traumi anche lievi, deformità scheletriche progressive che includono deformità ad arco delle ossa lunghe, scoliosi, cifosi, impressione basilare e deformità della parete toracica. A seconda della gravità dell’OI, i pazienti presentano gradi variabili di bassa statura (2,3), mentre la deambulazione e la mobilità sono spesso limitate nei pazienti colpiti dalle forme più severe di malattia.

Sebbene il quadro clinico dell’OI sia prevalentemente caratterizzato da disturbi scheletrici, non sono da trascurare le alterazioni che colpiscono il collagene contenuto in distretti differenti da quello osteoarticolare che possono costituire segni clinici utili alla diagnosi oltre che richiedere un trattamento specifico. Le manifestazioni extrascheletriche includono la colorazione azzurra delle sclere, l’aumentata fragilità cutanea e vascolare con maggiore suscettibilità alla formazione di lividi, la perdita progressiva dell’udito in giovane età, la compromissione della funzionalità polmonare e la dentinogenesi imperfetta (4,5,6). Inoltre, nonostante siano necessari ulteriori studi di conferma, dai risultati di alcune pubblicazioni è emerso che i pazienti con OI presenterebbero un rischio leggermente aumentato di sviluppare patologie valvolari cardiache (7).

L’ampia variabilità di presentazione clinica della patologia rende spesso difficile il raggiungimento di una diagnosi corretta e tempestiva che consenta di impostare precocemente un piano terapeutico adeguato. Inoltre, nei bambini può rendersi necessaria, e talvolta difficile, la diagnosi differenziale tra le forme lievi di OI e l’abuso infantile (chiamato anche lesione non accidentale, NAI). La distinzione si basa principalmente sull’anamnesi, l’esame clinico e la radiografia. I bambini con OI e NAI possono presentarsi entrambi con lividi e contusioni, ma l’evidenza di ematomi multipli e localizzati in sedi anomale non sono una caratteristica dell’OI e pertanto dovrebbero sollevare il sospetto di NAI. Anche le caratteristiche radiografiche rappresentano un valido ausilio ai fini della diagnosi differenziale. Le più frequenti alterazioni radiografiche includono fratture multiple di varie età, fratture diafisarie e vertebrali, fratture costali anteriori e laterali, e formazione di callo iperplastico. Tuttavia, i bambini con NAI non presentano osteopenia o deformità del cranio. Viceversa, i bambini con OI di solito non hanno le tipiche lesioni metafisarie angolari o le fratture costali posteriori.

Esiste un consenso scientifico unanime in merito al fatto che, una volta stabilita la diagnosi di OI, l’individuo colpito debba essere valutato preferibilmente da un team multidisciplinare (8). Tra i principali membri di un team rientrano pediatri, endocrinologi, chirurghi ortopedici, fisiatri, fisioterapisti. L’invio ad altri specialisti può avvenire in base ai bisogni individuali e per la sorveglianza di alcune delle complicanze legate alla malattia che richiedono un periodico follow-up. Il miglioramento della mobilità e il raggiungimento di un’indipendenza funzionale rappresentano gli obiettivi principali degli approcci terapeutici proposti ai pazienti con OI. Questi piani di trattamento si basano su un approccio multidisciplinare, che si avvale della terapia farmacologica, del trattamento ortopedico (conservativo o chirurgico) per le fratture e la stabilizzazione delle deformità, e infine, dei programmi di riabilitazione.

L’approccio multidisciplinare ha portato a migliori risultati funzionali per i pazienti, pur restando la sua applicazione pratica dipendente dal grado di severità dell’OI [9,10,11]. Infatti, la prognosi e la gestione sono fortemente correlate al tipo di OI, così come il trattamento è guidato dalla gravità piuttosto che dal tipo di OI. Nell’OI lieve non deformante, la chirurgia è raramente necessaria e dipende più dal tipo di frattura che dalla malattia stessa. Nell’OI moderata o grave, si verificano molto presto fratture e/o deformità ossee che possono richiedere una correzione chirurgica (12,13) oltre che beneficiare di terapie farmacologiche specifiche e tempestive.

Oltre alla terapia farmacologica e al trattamento ortopedico, la fisioterapia rappresenta uno strumento fondamentale nella gestione dell’OI (14). Tra gli obiettivi predominanti rientrano l’acquisizione dello sviluppo motorio e di una piena sicurezza nel compiere movimenti attivi, con un’attenzione particolare e un allenamento costante nella deambulazione al fine di consentire il mantenimento di un adeguato tono e forza muscolari (15,16). L’attività fisica regolare è importante nella gestione della patologia, tuttavia, il tipo di attività è direttamente correlato al tipo di OI. Ad esempio, le forme di OI tipo III e IV (17) richiedono un programma di riabilitazione intensiva con interventi specifici precoci (18). Viceversa, i bambini con OI di tipo 1 presentano una debolezza muscolare indipendente da un livello di attività ipoattiva (16,19,20). Pertanto, le strategie di riabilitazione devono essere individualizzate a seconda della valutazione clinica e funzionale di ciascun paziente (21).

Infine, tra gli obiettivi di una corretta presa in carico globale del paziente con OI, rientrano il follow up, la prevenzione e la gestione di eventuali complicanze o manifestazioni più rare legate alla malattia. Tra queste, rientrano la dentinogenesi imperfetta e, meno frequentemente, la perdita dell’udito. Nei pazienti con dentinogenesi imperfetta, si verificano spesso fratture e usura eccessiva dei denti fragili che necessitano di trattamenti specifici al fine di prevenire infezioni e deformità facciali secondarie alla perdita di denti e/o da malocclusione (17). La perdita dell’udito, invece, si verifica raramente nei pazienti pediatrici; pertanto, la sorveglianza della funzionalità uditiva viene generalmente consigliata dopo l’adolescenza ogni 3-5 anni (8).

Per approfondire ulteriormente gli aspetti relativi alle strategie di gestione e trattamento dell’OI con particolare attenzione all’importanza di un approccio multidisciplinare alla patologia, viene proposta la lettura di due lavori di seguito menzionati.

• Bregou Bourgeois A, Aubry-Rozier B, Bonafé L, Laurent-Applegate L, Pioletti DP, Zambelli PY. Osteogenesis imperfecta: from diagnosis and multidisciplinary treatment to future perspectives. Swiss Med Wkly. 2016 Jun 20;146:w14322. doi: 10.4414/smw.2016.14322. PMID: 27346233.
• Cho TJ, Ko JM, Kim H, Shin HI, Yoo WJ, Shin CH. Management of Osteogenesis Imperfecta: A Multidisciplinary Comprehensive Approach. Clin Orthop Surg. 2020 Dec;12(4):417-429. doi: 10.4055/cios20060. Epub 2020 Nov 18. PMID: 33274017; PMCID: PMC7683189.

Bibliografia
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2. Vetter U, Pontz B, Zauner E, Brenner RE, Spranger J. Osteogenesis imperfecta: a clinical study of the first ten years of life. Calcif Tissue Int. 1992;50(1):36–41.
3. Zeitlin L, Rauch F, Plotkin H, Glorieux FH. Height and weight development during four years of therapy with cyclical intravenous pamidronate in children and adolescents with osteogenesis imperfecta types I, III, and IV. Pediatrics. 2003;111(5 Pt 1):1030–6.
4. Forlino A, Marini JC. Osteogenesis imperfecta. Lancet. 2016;387(10028):1657–71.
5. Van Dijk FS, Sillence DO. Osteogenesis imperfecta: clinical diagnosis, nomenclature and severity assessment. Am J Med Genet A. 2014;164A(6):1470–81.
6. Forlino A, Cabral WA, Barnes AM, Marini JC. New perspectives on osteogenesis imperfecta. Nat Rev Endocrinol. 2011;7(9):540–57.
7. Ashournia H, Johansen FT, Folkestad L, Diederichsen AC, Brixen K. Heart disease in patients with osteogenesis imperfecta – A systematic review. Int J Cardiol. 2015;196:149–57.
8. Steiner RD, Pepin MG, Byers PH. Osteogenesis Imperfecta, in Pagon RA, Bird TD, Dolan CR, Stephens K (eds): GeneReviews (University of Washington, Seattle 1993).
9. Montpetit K, Palomo T, Glorieux FH, Fassier F, Rauch F. Multidisciplinary Treatment of Severe Osteogenesis Imperfecta: Functional Outcomes at Skeletal Maturity. Arch Phys Med Rehabil. 2015;96(10):1834–9.
10. Zeitlin L, Fassier F, Glorieux FH. Modern approach to children with osteogenesis imperfecta. J Pediatr Orthop B. 2003;12(2):77–87.
11. Aubry-Rozier B, Unger S, Bregou A, Freymond Morisod M, Vaswani A, Scheider P, et al. News in osteogenesis imperfecta: from research to clinical management. Rev Med Suisse. 2015;11(466):657–8, 660–2.
12. Ruck J, Dahan-Oliel N, Montpetit K, Rauch F, Fassier F. Fassier-Duval femoral rodding in children with osteogenesis imperfecta receiving bisphosphonates: functional outcomes at one year. J Child Orthop. 2011;5(3):217–24.
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18. Marini JC: Osteogenesis Imperfecta (2010a).
19. Van Brussel M, Takken T, Uiterwaal CS, Pruijs HJ, Van der Net J, Helders PJ, et al. Physical training in children with osteogenesis imperfecta. J Pediatr. 2008;152(1):111–6, 116 e1.
20. Montpetit K, Dahan-Oliel N, Ruck-Gibis J, Fassier F, Rauch F, Glorieux F. Activities and participation in young adults with osteogenesis imperfecta. J Pediatr Rehabil Med. 2011;4(1):13–22.
21. Brizola E, Staub AL, Felix TM. Muscle strength, joint range of motion, and gait in children and adolescents with osteogenesis imperfecta. Pediatr Phys Ther. 2014;26(2):245–52.